Monday, August 28, 2006
e se crescere non significasse affatto conoscere se stessi, e il dono portato dall’esperienza consistesse solo nel doverci mettere un bel “non”, davanti a “so chi sono”? Tutto mi è parso spaventosamente più plausibile. A vent’anni non sai ancora quasi nulla di te, poiché non ti sei mai ritrovato alle prese con nulla di veramente importante, e credi che la tua confusione sia dovuta a quello. Poi cominci ad accumulare esperienze, e da ciascuna ricavi le informazioni su te stesso che prima ti mancavano: all’inizio il ritratto che ne scaturisce è vago, ma via via si fa sempre più dettagliato e credibile, finché un giorno pensi di avere ottenuto abbastanza informazioni per poterlo considerare definitivo, e ci fai i conti.
Lo accetti, innanzittutto, con fatica ti rassegni a tutti i limiti e a tutti i difetti cui esso ti inchioda, e nel rassegnarti provi per la prima volta un pò di pace –sulla quale, proprio perché la credi scaturita da un lungo processo di conoscenza, cominci a fare affidamento; ma poiché continui ad accumulare esperienze, prima o poi ne arriva una che ti mette in crisi, dopodiché le informazioni su te stesso non riusciranno più a coesistere e cominceranno a combattersi furiosamente, dilaniando in poco tempo quanto era stato fin lì composto con tanta ingenua pazienza.
In un soffio la rassicurante, sofferta illusione di sapere cosa aspettarti dalla vita viene spazzata via, e a sostituirla spunta il sospetto che d’ora in poi tu, ignoto a te stesso, dinanzi ad ogni circostanza dovrai accontentarti di scoprire sul campo se gli amici ti sopportano o no, se sei tirchio o no, ridicolo o no, sapendo che gli altri, intorno a te , potranno giudicarti in maniera molto severa anche se non ne hanno nessun diritto, e soprattutto sapendo che non cesserà mai più d’esser così; il sospetto che la vita che ti resta, in realtà, non sarà altro che questa quotidiana dannazione –un lungo ritorno a tentoni verso la confusione da cui eri partito.
(la forza del passato sandro veronesi)